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Meglio soli…?

  • Categoria dell'articolo:Inchieste
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Nel nostro gruppo abbiamo discusso sull’isolamento imposto dal Covid e sulle sue conseguenze. Una delle questioni emerse è stata quella della solitudine e, su questo tema, abbiamo pensato di proporre un nuovo questionario. In termini numerici la risposta non è stata molto ampia: alla fine abbiamo registrato solo 50 risposte. Nonostante tutto, anche in questo caso, le risposte ci sembrano interessanti e così te le proponiamo insieme ad una breve riflessione. 

La solitudine secondo i ragazzi: opinioni a confronto

Qualche giorno fa è emerso, in conseguenza del Covid, l’aumento di situazioni di ansia e di stress tra i più giovani: una circostanza che, evidentemente, affonda le sue radici nella situazione di isolamento in cui, giocoforza, ci troviamo a vivere.

Hanno risposto solo 50 ragazzi ma, anche su un campione così ridotto, risulta che circa un terzo di loro si sente solo in questo periodo (abbastanza, molto o del tutto) mentre, considerando l’anno di pandemia, la percentuale di chi ha vissuto abbastanza o molto una situazione di solitudine sale al 54%, cioè 27 persone su 50. È pur vero, però, che a tale situazione si è arrivati a causa dell’emergenza coronavirus, che ha fatto sentire il 50% dei ragazzi più soli.

Certamente non possiamo prendere come oro colato questi dati che, tuttavia, confermano quella che è una percezione diffusa di un aumento della solitudine: che questo dipenda o meno dalla situazione contingente non è poi così rilevante; dobbiamo prendere atto di ciò che accade e capire come affrontarlo. Relativamente alla questione della percezione bisogna aggiungere che i ragazzi ritengono che la solitudine sia un fenomeno ancor più diffuso (molto al 50% e poco al 48%) di quanto questi dati non raccontino.

I dati che però ci fanno riflettere di più sono quelli relativi alle possibili soluzioni al problema: parecchi ragazzi (tra quelli che dichiarano di soffrire di solitudine) hanno scelto di parlarne con un amico mentre pochissimi lo hanno fatto con un adulto; anzi, la maggior parte (al netto di coloro che dicono di non avere questo problema) ritiene che gli adulti non siano un punto di riferimento cui rivolgersi.

Questo, in definitiva, porta ad una evidenza: gli adulti non rientrano, agli occhi dei più giovani, tra coloro che possono aiutarli né per proporgli delle strategie, né per fargli sentire prossimità e calore.

Certo, potrebbe darsi che i risultati di questa piccola indagine siano completamente fuorvianti, ma questo non esime ognuno di noi, ogni ragazzo e ogni ragazza (ma anche ogni educatore, ogni insegnante e chiunque altro si trovi vicino ai giovani) a cercare di ricordare quando è stata l’ultima volta che ci siamo seduti al fianco di un amico (o che abbiamo preso un telefono per chiamarlo) , di un bambino, di un ragazzo, di uno studente e gli abbiamo chiesto: “Come stai?”

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